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Emmanuel Carrère fa l’effetto di uno svelamento

Tradurre Emmanuel Carrère fa l’effetto di uno svelamento. Non è, come al solito, mettersi al servizio della voce di un altro, ma parlare al contempo dell’altro e di sé, di sé e di tutti, svelando i chiaroscuri di vite che sono la nostra, e non soltanto la sua.

Mi resteranno, dell’incontro con lui a Cortina: il ritmo pacato della sua voce, le parole precise e limpide – non una di troppo – per raccontarsi e raccontare il mondo, le sue mani in movimento, la gentilezza con cui si rivolge a chi gli si avvicina, come se ognuno contenesse un tesoro da custodire. Mi resteranno in realtà molte altre cose, perché incontri come questo lasciano nella vita risacche successive di emozioni e pensieri, sassolini bianchi che riaffiorano nel tempo e diventano sentieri.

Ma più di tutto mi resterà quel senso dell’essere a casa, in un luogo che contiene con la stessa pace le vertigini e gli abissi, e lascia spazio a tutto quello che ci abita. Uno spazio in cui nessuno dovrà più vergognarsi delle proprie scomposte imperfezioni, né della fragilità, né del dolore. Uno spazio in cui potremo svegliarci al sicuro anche quando la notte porta demoni che ci lasciano spettinati e soli. Uno spazio che dopo l’abisso contiene uno sguardo più vero e generoso sul mondo, e lo regala agli altri. Lo sguardo necessario per ri-aversi.

Ringrazio per questo Emmanuel Carrère, che in un bel giorno d’inverno ha affidato le sue parole alla mia voce e Francesco Chiamulera, che in mezzo alle montagne costruisce prodigi.





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